La maturità del dissenso e la democrazia degli adulti distratti
Come spiegare il rispetto delle regole a chi a diciotto anni vede un Parlamento trasformato in un ufficio postale.
Il 14 luglio muore durante la presa della Bastiglia Lady Oscar, passata alla rivoluzione; un giovane militante di destra attenta alla vita del segretario del Partito Comunista Palmiro Togliatti scatenando tumulti e occupazioni nelle fabbriche e portando l’Italia sull’orlo della guerra civile; molti anni dopo, io affronto la maturità discutendo con la presidente della commissione d’esame, che sostiene che il mio tema sul romanzo sia troppo argomentato, inaugurando così - a mie spese - quella che sarebbe stata una lunga e felicissima carriera da mai-zitta. Tre episodi apparentemente slegati tra loro, ma chi può dirlo.
Nell’ultima settimana hanno fatto roteare i bulbi oculari a molte persone, alcuni studenti e studentesse (QUATTRO IN TUTTA ITALIA, per essere precise) che si sono rifiutati di sostenere l’orale di maturità per protesta. Il ministro Valditara si è indignato parlando di "mancanza di rispetto per le regole" e di "comportamenti inaccettabili”, affrettandosi ad aggiungere che dall’anno prossimo non saranno più tollerati e che chi farà scena muta verrà bocciato. Ma solo quelli che lo fanno deliberatamente per dissentire, se non sai niente va bene. L’ignoranza è ancora ben tollerata.
Ecco allora scatenarsi i quattro cavalieri dell’Apocalisse boomer: Decoro dai lunghi capelli biondi, Rispetto con la sua alabarda spaziale, Senso di Responsabilità tutto d’un pezzo nel suo completo di mogano e il quarto, il più potente di tutti, Rottura de cazzo, che ha questo superpotere di causarti secchezza vaginale al primo commento.
Torno a pensare al paradosso di adulti che recriminano continuamente ad altri adulti di essere la causa di tutti i mali delle generazioni più giovani perché sono distratti e autocentrati. E poi quando questi ragazzi provano a manifestare un disagio, trovano un muro da parte di quegli stessi adulti che accusano altri di non ascoltare .
Penso a questi ragazzi e ragazze tacciati di essere molli e disinteressati, che ogni volta che provavo a esprimere le loro istanze nei modi che sono loro concessi, vengono ricacciati indietro.
Penso a questi ragazzi e ragazze incolpati di essere poco partecipativi, che hanno appena ottenuto il diritto di voto e vedono un Parlamento trasformato in un ufficio postale. Che vedono un governo che produce decreti come fossero ricette mediche, saltando sistematicamente il dibattito democratico. Dal 2022 a oggi, due terzi di tutte le leggi approvate sono emanazione diretta dell'esecutivo, conta un articolo de L’Espresso. La "decretazione d'urgenza" è diventata prassi ordinaria, stravolgendo l'architettura costituzionale che riserva al governo il decreto solo per casi limitati ed eccezionali.
Questi ragazzi e ragazze hanno studiato la separazione dei poteri e poi scoprono che nella realtà si usano le regole della democrazia per aggirarla e demolirla dall'interno. Che il Parlamento è ormai ridotto a una funzione notarile: convertire in legge le decisioni prese altrove, da altri, secondo tempistiche che non contemplano il confronto. E quando si tratta di ddl come quello sulla sicurezza, che criminalizza il dissenso e trasforma manifestare in reato, scoprono che le stesse regole democratiche vengono usate per limitare la democrazia.
La sensazione, praticamente una certezza, è che il problema non sia solo il governo che aggira la Costituzione. Ma anche un’opposizione che accetta di giocare questo ruolo di comparsa che le è stato assegnato. Siamo noi cittadini e cittadine che assistiamo a questa erosione delle istituzioni neanche troppo lenta o invisibile senza battere ciglio. I referendum di giugno hanno visto un'affluenza del 30% - quasi quattro cittadini su cinque non si sono nemmeno presentati. Alle europee un italiano su due non ha votato. Più della metà del paese ha rinunciato a scegliere chi lo governa.
In vista del mio prossimo soggiorno in Portogallo, con cui ammorberò nelle prossime newsletter chi improvvidamente rimarrà qui dopo questo annuncio, ho ripreso in mano tutto Tabucchi, per quella blanda forma di monomaniacalità che mi porto appresso con la noncuranza con cui si mettono i capelli dietro all’orecchio - ma del resto, l’ho già detto qui in precedenza, non è questo periodo da passioni tristi.
Sostiene Pereira potrebbe essere stato scritto stamattina, per forma e contenuto: Pereira, responsabile della pagina culturale del giornale per cui lavora, si convince di fare il suo dovere traducendo letteratura francese mentre il salazarismo prende il controllo del paese, a un soffio dalla Spagna dove infuria la guerra civile e all’alba della seconda guerra mondiale, in cui il Portogallo si dichiara neutrale.
Pereira chiese a Silva cosa ne pensava di tutto questo. Tutto questo cosa?, chiese Silva. Tutto, disse Pereira, quello che sta succedendo in Europa. Oh, non ti preoccupare, replicò Silva, qui non siamo in Europa, siamo in Portogallo.1
Pereira non si occupa di politica mentre intorno a lui si restringono gli spazi di libertà. Pereira attraversa la sua vita cercando di conservarne la sua regolarità: traduce, cura la sua alimentazione, beve limonata, va alle terme, si lamenta pigramente dello status quo con gli amici. Come Silva, suo ex collega universitario, ora professore.
Sarà, disse Pereira, ma anche qui le cose non vanno bene, la polizia la fa da padrona, ammazza la gente, ci sono perquisizioni, censure, questo è uno stato autoritario, la gente non conta niente, l’opinione pubblica non conta niente. Silva lo guardò e posò la forchetta. Stai bene a sentire, Pereira, disse Silva, tu credi ancora nell'opinione pubblica?, ebbene, l'opinione pubblica è un trucco che hanno inventato gli anglosassoni, gli inglesi e gli americani, sono loro che ci stanno smerdando, scusa la parola, con questa idea dell'opinione pubblica, noi non abbiamo mai avuto il loro sistema politico, non abbiamo le loro tradizioni, non sappiamo cosa sono le trade unions, noi siamo gente del Sud, Pereira, e ubbidiamo a chi grida di più, a chi comanda.2
La coscienza di Pereira si sveglia solo quando la politica irrompe nella sua vita ordinata, quando non può più fingere di non vedere. Il regime portoghese è stato uno dei più lunghi d’Europa, conclusosi con la rivoluzione dei garofani del 25 aprile 1974.
Tabucchi affida alla penna il compito di condurre il lettore insieme a Pereira in questo lento risveglio. Le fa fare il lavoro sporco di gestire un tema crudele. Una scrittura, lieve come l’ignavia di Pereira, che rotola via fino al penultimo capitolo, in cui ci si scopre affezionati al giovane sconclusionato Monteiro Rossi, lo studente dissidente di origine italiana, e di provare tenerezza per il dottor Pereira: ci ricordano entrambi chi siamo, ma Pereira ci dice come siamo. Fingiamo che occuparci del nostro quotidiano sia neutro, mentre le istituzioni democratiche vengono svuotate metodicamente sotto i nostri occhi.
Diciamo ai maledetti giovani: "Rispettate le regole”. Invochiamo punizioni per chi non è irregimentato.
Oltre al rispetto formale delle regole, servirebbe il senso sostanziale delle istituzioni. Quando aspiri alla soppressione di ogni dissenso, quando il confronto diventa cacofonia e il dibattito politico si riduce a slogan, quando il conflitto diventa violenza, quello che stai costruendo non è un paese di cittadini: è un allevamento di sudditi.
Quale lezione di educazione civica vogliamo offrire? Noi che non ci informiamo se non attraverso titoli sui social, che accettiamo di essere alternativamente criminalizzati o infantilizzati. Noi che abbiamo abnegato a qualsiasi forma di responsabilità collettiva, delegando tutto a una classe politica che poi critichiamo senza però mai sostituire.
Un diciottenne che protesta durante la maturità forse ci sta dicendo una cosa che noi fingiamo di non vedere: se chi governa svuota le istituzioni del loro significato e chi è governato se ne disinteressa, quale rispetto si dovrebbe a qualcosa che nessuno difende più?
La rabbia di questi ragazzi nasce da una lucidità che ci mette a disagio. Vedere un paese di adulti che predicano il rispetto delle regole mentre le infrangono sistematicamente, che invocano il senso civico mentre disertano le urne, che parlano di responsabilità mentre si deresponsabilizzano su tutto.
La maturità che pretendiamo da loro, noi l’abbiamo dismessa. Smettiamo di esigere dalle generazioni più giovani quello che noi per primi non sappiamo più essere: cittadini invece che spettatori inerti e scontenti.
La protesta di quei ragazzi non è mancanza di rispetto, ma esasperazione verso istituzioni che non stanno svolgendo la loro funzione, in un paese di adulti che hanno smesso di farle funzionare.
Ti cerco io.
Ma sei vuoi aggiungere qualcosa, chi sono io per fermarti.
Sarah
Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira. E-book ed., Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 2019. Kindle.
Ibidem
È da pelle d'oca e tragicamente vera, grazie